Mirko Genco è l’uomo condannato per l’omicidio della ex compagna 34enne a Reggio Emilia: chi è e cosa ha fatto secondo la ricostruzione del femminicidio.
La notte tra il 19 e il 20 novembre 2021 avrebbe assassinato l’ex compagna 34enne Cecilia Hazana, una donna di origine peruviana residente a Reggio Emilia il cui nome completo è Juana Cecilia Hazana Loayza. Con lei avrebbe avuto una breve relazione e poche settimane prima del delitto sarebbe stato condannato per stalking dopo una denuncia della vittima, pena sospesa condizionata all’adesione a un percorso di recupero e rieducazione. Ma Mirko Genco, allora 24enne, non avrebbe mai intrapreso quel programma: scopriamo la sua storia.
Mirko Genco: la biografia
Mirko Genco è noto alle cronache per essere stato condannato quale responsabile dell’omicidio della ex compagna Juana Cecilia Hazana Loayza, una donna peruviana uccisa all’età di 34 anni in un parco di Reggio Emilia la notte tra il 19 e il 20 novembre 2021.
Secondo quanto ricostruito, Mirko Genco l’avrebbe strangolata e poi finita a coltellate, violentata quando era agonizzante e infine abbandonata.
I due avrebbero avuto una breve relazione e la donna lo aveva denunciato per stalking. 17 giorni prima del delitto, Genco avrebbe ottenuto la sospensione della pena per quel reato a patto di intraprendere un programma di rieducazione che invece non ha mai avviato.
Mirko Genco: la vita privata
Nella vita privata di Mirko Genco una passata relazione con una donna di Parma che lo avrebbe denunciato per atti pesercutori prima che lui conoscesse Juana Cecilia Hazana.
Ma non solo. Nel passato di Mirko Genco c’è un fatto di sangue atroce: la madre, Alessia Della Pia, è stata vittima di femminicidio nel 2015, uccisa dall’ex compagno tunisino Mohammed Jella a Parma.
Mirko Genco condannato per l’omicidio di Juana Cecilia Hazana Loayza
Nel 2023, all’esito del processo d’appello a Bologna, Mirko Genco avrebbe incassato una condanna a 30 anni di carcere.
La Corte avrebbe elevato la pena a suo carico rispetto ai 29 anni e 3 mesi inflitti con la sentenza di primo grado. Il pg aveva chiesto l’ergastolo.
Al termine della discussione delle parti, le dichiarazioni spontanee dell’imputato in aula: “Chiedo perdono solo a Dio, perché a Cecilia non posso più chiederlo, ma soprattutto a suo figlio: io so bene cosa significhi non avere una mamma“.